La privatizzazione della sanità pubblica è il problema, non la soluzione. Con buona pace di Flor.

Nell’intervista rilasciata qualche giorno fa, il dottor Luciano Flor esprime la convinzione che l’unico modo per risolvere i problemi del Servizio Sanitario Nazionale sia l’inserimento nella programmazione sanitaria di “fondi assicurativi e altri tipi di fondi sanitari che già ci sono”. Il dottor Flor, ovviamente, garantisce che in questa sua visione di “integrazione” non vengono messi in discussione i livelli essenziali di assistenza, ma a noi pare che una soluzione di questo tipo non possa che portare a una deriva privatistica della sanità, ancora più accentuata di quella già in corso.

Alle dichiarazioni del dottor Flor rispondiamo, in primo luogo, con le parole del Presidente della Fondazione Gimbre Nino Cartabellotta che, in una recentissima audizione alla Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato sui fondi sanitari ha, tra l’altro, affermato: “Le potenzialità dei fondi sanitari nel fornire prestazioni integrative e ridurre la spesa a carico dei cittadini oggi sono poi sempre più compromesse da una normativa frammentata e incompleta, una deregulation che ha permesso da un lato ai Fsi di diventare prevalentemente sostitutivi di prestazioni già incluse nei livelli essenziali di assistenza (Lea) mantenendo le agevolazioni fiscali, dall’altro alle compagnie assicurative di assumere il ruolo di gestori dei fondi in un ecosistema creato per enti non-profit, dirottando gli iscritti ai fondi verso erogatori privati.”

A noi pare che la “sinergia” ipotizzata dal dottor Flor non possa certo essere messa in atto fino a che permane questo tipo di situazione.

Ma, andando più a fondo rispetto al problema del finanziamento del sistema sanitario pubblico che muove la proposta del dottor Flor, pensiamo che ci siano due ulteriori elementi di riflessione.

Il primo è relativo proprio alle risorse pubbliche che vengono utilizzate per garantire le detrazioni fiscali a cui ha diritto il mondo dei fondi sanitari e quelle a cui accedono i cittadini che fanno ricorso a prestazioni sanitarie presso le strutture private perché quelle pubbliche non sono in grado di erogarle nei tempi previsti.

Se queste risorse fossero destinate alla sanità pubblica invece che alle detrazioni fiscali il nostro sistema sanitario forse avrebbe qualche problema in meno a livello di finanziamenti.

La seconda questione è proprio quella delle risorse pubbliche che vengono assegnate al sistema sanitario nazionale che sono attualmente insufficienti per garantire una risposta adeguata alla richiesta di servizi della popolazione il cui invecchiamento, ovviamente, richiede un incremento costante di diagnosi e cure.

E questa è una questione tutta politica perché attiene alla decisione di chi governa su quali sono le priorità della spesa pubblica. Le priorità sono l’aumento della spesa militare, la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina o l’aumento dei fondi per la sanità?

Le risorse pubbliche per la sanità non sono, come sembra affermare il dottor Flor, insufficienti “a prescindere” ma in ragione del fatto che chi governa il Paese preferisce dare la priorità, appunto, alle spese militari o a quelle per “grandi opere” la cui sostenibilità e utilità è tutta da verificare.

Per curare la sanità pubblica non sono necessarie “integrazioni” di marca privatistica: è necessario (e sufficiente) spostare verso i servizi sanitari l’asse della spesa dello Stato.

Sinistra Italiana del Veneto – Gruppo regionale Sanità

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