Pista da bob da Cortina a Innsbruck: dal Consiglio Provinciale di Belluno un primo importante sì

Una grande soddisfazione!

Il Consiglio Provinciale di Belluno approva l’Odg, a prima firma Paolo Perenzin (di Sinistra Italiana), che chiede alla Fondazione Milano-Cortina 2026, al Governo e alla Regione Veneto di verificare urgentemente e in via ufficiale con le Istituzioni austriache competenti se, in alternativa alla pista da bob di Cortina, sussistano le condizioni per l’adeguamento dell’impianto di Innsbruck in tempo utile per le Olimpiadi del 2026, comunicando formalmente alla Provincia di Belluno le risultanze della verifica. 

In caso di esito positivo, l’Odg approvato impegna a chiedere la revoca della procedura per la realizzazione del “Cortina sliding center”: i costi ambientali, economici e sociali di tale intervento non sono sostenibili, né giustificabili, a fronte della disponibilità di un impianto idoneo a poca distanza dalle sedi di gara. 

Come Sinistra Italiana del Veneto pensiamo si tratti di un passo ufficiale davvero importante, che mette finalmente un primo punto di chiarezza su un’opera costosissima e dannosa, com’è stato anche rimarcato nel corso della bella e partecipata manifestazione di Domenica a Cortina. 

Insieme a Paolo Perenzin, primo firmatario, hanno sottoscritto l’Odg anche Lucia Da Rold, Mario De Bon, Simone Deola e Letizia Monestier. 

Il Coordinamento Regionale di Sinistra Italiana Veneto

La privatizzazione della sanità pubblica è il problema, non la soluzione. Con buona pace di Flor.

Nell’intervista rilasciata qualche giorno fa, il dottor Luciano Flor esprime la convinzione che l’unico modo per risolvere i problemi del Servizio Sanitario Nazionale sia l’inserimento nella programmazione sanitaria di “fondi assicurativi e altri tipi di fondi sanitari che già ci sono”. Il dottor Flor, ovviamente, garantisce che in questa sua visione di “integrazione” non vengono messi in discussione i livelli essenziali di assistenza, ma a noi pare che una soluzione di questo tipo non possa che portare a una deriva privatistica della sanità, ancora più accentuata di quella già in corso.

Alle dichiarazioni del dottor Flor rispondiamo, in primo luogo, con le parole del Presidente della Fondazione Gimbre Nino Cartabellotta che, in una recentissima audizione alla Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato sui fondi sanitari ha, tra l’altro, affermato: “Le potenzialità dei fondi sanitari nel fornire prestazioni integrative e ridurre la spesa a carico dei cittadini oggi sono poi sempre più compromesse da una normativa frammentata e incompleta, una deregulation che ha permesso da un lato ai Fsi di diventare prevalentemente sostitutivi di prestazioni già incluse nei livelli essenziali di assistenza (Lea) mantenendo le agevolazioni fiscali, dall’altro alle compagnie assicurative di assumere il ruolo di gestori dei fondi in un ecosistema creato per enti non-profit, dirottando gli iscritti ai fondi verso erogatori privati.”

A noi pare che la “sinergia” ipotizzata dal dottor Flor non possa certo essere messa in atto fino a che permane questo tipo di situazione.

Ma, andando più a fondo rispetto al problema del finanziamento del sistema sanitario pubblico che muove la proposta del dottor Flor, pensiamo che ci siano due ulteriori elementi di riflessione.

Il primo è relativo proprio alle risorse pubbliche che vengono utilizzate per garantire le detrazioni fiscali a cui ha diritto il mondo dei fondi sanitari e quelle a cui accedono i cittadini che fanno ricorso a prestazioni sanitarie presso le strutture private perché quelle pubbliche non sono in grado di erogarle nei tempi previsti.

Se queste risorse fossero destinate alla sanità pubblica invece che alle detrazioni fiscali il nostro sistema sanitario forse avrebbe qualche problema in meno a livello di finanziamenti.

La seconda questione è proprio quella delle risorse pubbliche che vengono assegnate al sistema sanitario nazionale che sono attualmente insufficienti per garantire una risposta adeguata alla richiesta di servizi della popolazione il cui invecchiamento, ovviamente, richiede un incremento costante di diagnosi e cure.

E questa è una questione tutta politica perché attiene alla decisione di chi governa su quali sono le priorità della spesa pubblica. Le priorità sono l’aumento della spesa militare, la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina o l’aumento dei fondi per la sanità?

Le risorse pubbliche per la sanità non sono, come sembra affermare il dottor Flor, insufficienti “a prescindere” ma in ragione del fatto che chi governa il Paese preferisce dare la priorità, appunto, alle spese militari o a quelle per “grandi opere” la cui sostenibilità e utilità è tutta da verificare.

Per curare la sanità pubblica non sono necessarie “integrazioni” di marca privatistica: è necessario (e sufficiente) spostare verso i servizi sanitari l’asse della spesa dello Stato.

Sinistra Italiana del Veneto – Gruppo regionale Sanità

Soppressione del trasporto pubblico la domenica. La cittadinanza paga la mala governance di Atv

Leggiamo, purtroppo senza stupore, la nota del Presidente di Atv che annuncia la soppressione di autobus di linea la domenica in quasi tutta la provincia, con l’esclusione solo di alcuni comuni maggiori. Una situazione di disagio, questa dei tagli alle corse che si rinnova ogni anno e che ha, come sempre, la sua causa in una carenza endemica di personale.

Personale che manca per ovvi motivi salariali: chi entra in azienda oggi ha la prospettiva di una paga base di 1.200 euro mensili e un “nastro orario” che va dalle 12/15 ore giornaliere, con turni che cambiano quotidianamente e non distinguono tra sabati, domeniche e festivi. Contratti fermi da vent’anni, nonostante l’Atv sia una realtà che chiude in attivo dal 2012. Un attivo pagato dagli stipendi di chi vi lavora e che ha consentito all’azienda di mettere da parte, secondo i sindacati, 25milioni di euro.

A una situazione che si trascina di anno in anno e che avevamo già denunciato in passato si risponde con la solita modalità: non garantire il diritto alla mobilità, tagliando i trasporti e andando a penalizzare soprattutto chi non può permettersi o non ha accesso al trasporto privato.

Mentre in altri paesi europei si investe nel trasporto pubblico (emblematica la scelta tedesca del biglietto unico a 9€) per ovvie ragioni di sostenibilità ambientale e qualità della vita, Verona registra ogni anno un pesante passo indietro, evidente anche nel taglio del servizio serale cittadino e nell’inadeguatezza di alcune linee, specialmente negli orari di punta (con ripercussioni anche su studenti e studentesse, ma non solo).

Crediamo vi sia innanzitutto un’assenza da parte della Regione, che dovrebbe stanziare risorse vere e non un risicato 2,5% di quota rispetto a una copertura di spesa per il trasporto pubblico che in pratica resta quasi totalmente a carico dello Stato. Mettendo in evidenza come vi sia una marcata distanza da quelle regioni in cui già si prevede la gratuità del servizio, vedi ad es. l’Emilia Romagna, per gli under 14, senza una previsione di fascia di reddito.

Iniziano solo ora gli incontri tecnici dell’assessora regionale con delega ai Trasporti, Elisa De Berti, che promette nuovi mezzi. Pensiamo che sia del tutto inutile pagare le patenti 4/5mila euro a chi altrimenti non potrebbe permettersi una formazione e acquistare nuovi bus se si continua ad affamare il personale di un servizio pubblico.

Si garantiscano i diritti delle persone che lavorano e di coloro che devono spostarsi in città e provincia.

Per In Comune per Verona. Sinistra Civica Ecologista, Jessica Cugini 

Per Sinistra Italiana Verona, Luca Perini

Cinque morti a Brandizzo, parole ma ancora nessuna risposta.

Brandizzo (TO). Falciati mentre lavoravano in condizioni di totale insicurezza, in lavoro di sub appalto come milioni di lavoratori nel nostro paese.

La manutenzione della linea ferroviaria, soprattutto dopo la privatizzazione attuata nel 2016, è stata esternalizzata ed affidata in appalto e sub-appalto con condizioni di lavoro che coniugano tempistiche feroci, insicurezza e impossibilità di controllo e opposizione dei lavoratori. I dati delle vittime da lavoro dell’ultimo anno sono tragicamente trasparenti: più di 559 morti, 80 al mese, a cui si aggiungono feriti e vittime di malattie professionali.

La vicenda di Brandizzo ricorda quella di Luana D’Orazio, uccisa nel 2021 perché dalla macchina su cui lavorava erano stati disattivati i meccanismi di sicurezza per aumentarne la produttività. Nonostante l’impegno a garantire reali forme di controllo e tutela per il lavoro (sul piano legislativo e dei controlli), la risposta è mancata. Il profitto prima delle persone, i dividendi prima dei diritti dei lavoratori: ecco il capitalismo.

Il cuore del problema risiede nella progressiva frantumazione del processo produttivo, con l’esternalizzazione di fasi sempre più estese dei lavori e l’appalto a strutture marginali con scarso investimento tecnologico.

L’inadeguatezza tecnologica di gran parte delle aziende della subfornitura e del subappalto comporta che competitività e margini di profitto siano recuperati essenzialmente nella parte variabile del capitale, peggiorando salari e condizioni di sicurezza.

L’idea, sbagliata, secondo cui il limite dello sviluppo risiedesse nella rigidità del rapporto di lavoro ora mostra le sue tragiche conseguenze. Era il fondamento del Jobs Act: smantellare la struttura sindacale nei luoghi di lavoro e dare il via libera alle politiche padronali. Il nuovo Codice Appalti varato da Meloni e Salvini, estendendo il sub-appalto a cascata, peggiora il quadro.

Più flessibilità e velocità si traduce in più precarietà, insicurezza, infiltrazioni della criminalità: da questa svalutazione del lavoro deriva gran parte dei rischi, degli infortuni, delle morti, che purtroppo, anche nella nostra Regione, hanno coinvolto anche studenti in PTCO.

Oggi, per non lasciare inalterate la condizioni strutturali che hanno penalizzato il lavoro nel nostro Paese, va unificata la proposta di introdurre un Salario Minimo con l’abrogazione del Jobs Act e delle normative che escludono, nelle aziende sotto i 15 dipendenti, la reintegra in caso di licenziamento illegittimo (art. 18).

Più democrazia e diritti nel posto di lavoro, più democrazia nella società.

Va ripresa la politica dell’intervento pubblico sullo sviluppo, sulle politiche industriali e sui servizi. Proponiamo la pubblicizzazione degli Enti che hanno reso possibile la crescita qualificata nel nostro paese. Eni, Enel, Telecom, “nuova Iri” vanno riproposte come strumento di crescita, di riconversione ecologica e di valorizzazione del lavoro.

Sinistra Italiana – Gruppo Lavoro Regionale Veneto

Scuola. Abbandono, dispersione o ancora selezione di classe?

La Destra peggiore di governo scopre che abbandono e dispersione scolastica sono elemento di esclusione per molti giovani e che la bassa scolarità destina fasce sempre maggiori di giovani alla marginalità sociale. Sono inconfutabili i dati dell’abbandono scolastico che nel nostro paese colpisce , già nell’obbligo, un bambino su sei, in particolare nel sud. L’aveva già scoperto decenni fa Don Milani che fece una grande battaglia culturale e politica per un cambiamento della scuola italiana, per una scuola al servizio dei deboli , dei poveri.

La soluzione che viene proposta è quella di inasprire le pene fino alla reclusione per chi non manda i figli alla scuola dell’obbligo. In verità non so a cosa possa servire la carcerazione di qualche mamma povera e disperata.

Riesce difficile pensare che la rinuncia alla scolarità per i propri figli sia una scelta ideologica o di egoismo sociale, la verità è che l’abbandono o la difficoltà di frequenza è in primo luogo una questione di censo, di difficoltà economiche.

E’ per la mancata attuazione della mensa scolastica l’impossibilità di attuare nel primo ciclo il tempo pieno ma mentre l’85 % dei bambini al nord può utilizzare la mensa scolastica a Napoli, la stessa percentuale non è in grado di usufruire del tempo pieno per mancanza di strutture, mensa e trasporto.

E’ la spesa per la frequenza di asilo nido e scuola dell’infanzia, la non gratuità e il costo di mensa e trasporto a impedire a parte significativa delle famiglie, con accentuazione al Sud, il completamento del percorso scolastico

Quanto la mancanza di un qualificato percorso formativo sia alla base dei processi di abbandono che colpiscono in particolare le famiglie povere del sud è fin troppo evidente. La scuola manca in quella che è la sua funzione essenziale, l’uguaglianza e la promozione sociale.

Ma il ruolo della scuola pubblica non era quello di porre in condizione di parità i bimbi e i giovani di tutto il paese? Non era sua la mission di sottrarre le famiglie dalla tragica scelta fra i libri di testo e la spesa quotidiana? Non si era parlato di obbligo e gratuità. Non si era esteso il diritto alla scolarità al secondo anno della scuola superiore e ai 6 anni antecedenti la primaria? Dove sono le mense, le palestre il trasporto per disabili, la scuola per l’infanzia , l’asilo nido?

Perché non si applica il tempo pieno come normativa comune, come passaggio essenziale alla funzione formativa e alla qualità della scuola dell’obbligo? Perché la mensa a scuola è a pagamento e esclude chi non può permettersela? Mensa e trasporti sono “servizi a domanda individuale” svolti dai comuni e sostenuti da questi e dalle famiglie. La Scuola dell’Infanzia e i Nidi , pur normati da leggi nazionali sono solo parzialmente gestiti dal pubblico con tariffe socialmente discriminanti.

Allo stato attuale, la stessa frequenza dell’obbligo è privilegio di una parte della popolazione. Un solo esempio, non tollerabile nello spirito di una scuola che promuove e unifica. Un gruppo di famiglie in Lombardia ha chiesto l’esclusione dei propri figli dalla mensa scolastica e uno spazio nella scuola per l’utilizzazione di un pasto portato da casa e meno costoso. Anche nel ricco nord est la tariffa della mensa scolastica diventa insostenibile per chi vive del proprio lavoro.

La battaglia contro l’abbandono l’applicazione dell’universalità del servizio non è allora la punizione dei genitori poveri ma la piena applicazione dei criteri di gratuità e fruibilità per tutti della scuola , della precisa definizione della fascia dell’obbligo, della valorizzazione della sua funzione di servizio pubblico.

Verona 08 settembre 2023

Mauro Tosi (Sinistra Italiana Veneto)

Arena di Verona. Finalmente cambia la musica! 

Il sindaco di Verona Damiano Tommasi ha comunicato che la convenzione con la società srl che gestiva la musica pop a Verona verrà revocata e tornerà nella disponibilità del Comune di Verona, che è il proprietario del monumento areniano.

Era stato l’ex sindaco Federico Sboarina ad appaltare l’intero comparto all’attuale sottosegretario di governo Gianmarco Mazzi.

Si tratta di una notizia importante e positiva, che in primo luogo mette al riparo il nome della nostra città rispetto ad una gestione clientelare del settore, estranea ai suoi stessi interessi e a quelli delle categorie economiche.

Adesso si dovrà discutere in modo sereno e approfondito quali indirizzi gestionali il Comune di Verona intenderà perseguire per ridare slancio e dinamismo alle attività extra liriche, sempre tenendo in considerazione che la priorità assoluta – sopratutto in estate – resta la stagione lirica del nostro Teatro stabile.

Noi – che da sempre ci siamo impegnati con generosità e disinteresse per la soluzione di revoca e per la difesa del nostro teatro areniano – sosteniamo la gestione diretta dell’extralirica da parte del Comune, così come è sempre stato nel passato prima dei sindaci Tosi e Sboarina.

Una Commissione qualificata di esperti, che certo non mancano nella nostra città, potrebbe vagliare tutte le numerose richieste di utilizzo dell’Anfiteatro e decidere poi con criteri seri e ineccepibili, sapendo che queste attività potrebbero anche portare nelle casse del Comune fondi preziosi da destinare alla Fondazione e ai servizi per i nostri cittadini. Non ci sono solo gli spettacoli dal vivo, ci sono i diritti televisivi, il merchandising e altre attività collaterali da mettere a bilancio.

Si apre così una fase nuova per l’Arena di Verona e se ne chiude un’altra densa di ombre e di interrogativi senza risposta, sulla quale Sinistra Italiana ha voluto aprire uno squarcio nelle settimane scorse con la presentazione alla Camera e al Senato di una interrogazione nei confronti del sottosegretario governativo Gianmarco Mazzi.

Sinistra Italiana – Verona

In Veneto tra le più numerose d’Italia le famiglie che spendono oltre il 20% del reddito per curarsi.

In Veneto la percentuale delle famiglie che spendono oltre il 20% del reddito disponibile (reddito totale al netto della spesa alimentare) per curarsi è tra le più alte d’Italia, la più elevata di tutto il centro-nord del Paese, superata solo da quella di alcune regioni del Sud.

Lo dimostra la ricerca, resa nota nei giorni scorsi, condotta dal professor Antonello Maruotti, docente di statistica all’università Lumsa di Roma insieme al ricercatore Pierfrancesco Alaimo Di Loro e Kathleen Johnson dell’Università della West Virginia, di uno studio che mette a nudo tutte le criticità del federalismo in ambito sanitario.

Come dimostra la tabella allegata, in Veneto sono 125.194 le famiglie che hanno speso oltre il 20% del reddito per curarsi, pari al 5,99% del totale dei nuclei familiari residenti nella nostra regione, con una percentuale superiore a quella della Lombardia che in questi anni si è caratterizzata per un pesantissimo processo di privatizzazione dei servizi sanitari.

Il dato del Veneto (superiore a quello di tutte le regioni del Nord e del centro d’Italia) è particolarmente preoccupante anche in ragione di altri due elementi.

1)    Il reddito medio in Veneto è più elevato di quello di molte altre regioni: ciò significa che la “spesa reale” delle famiglie venete per curarsi è probabilmente più elevata di quella di alcune regioni del Sud in cui i redditi sono più bassi.

2)    A luglio di quest’anno AGENAS (l’agenzia nazionale dei servizi sanitari) ha rilevato come in Veneto (tra il  2018 e il 2022) sia calato del 10% l’importo dei ticket sanitari pagati dai cittadini: ciò significa che una parte sempre più consistente della spesa sanitaria affrontata dalle famiglie si concentri sui servizi offerti dalle strutture sanitarie private.

A noi pare, di fronte a questo quadro, che non ci sia molto da “gioire” per lo stato della sanità pubblica in Veneto visto che le famiglie, secondo questi dati, sembrano ogni giorno di più costrette a rivolgersi alla sanità privata per soddisfare le loro esigenze di cura o a rinunciare alle cure stesse se non dispongono delle risorse economiche necessarie.

E non ci pare proprio che l’autonomia differenziata sia la risposta se i risultati sono questi in un ambito, quello sanitario, in cui la competenza è già regionale.

Firma per il Salario Minimo: i banchetti in Veneto della prima metà di Settembre

Sinistra Italiana, in tutto il Veneto, si mobilita per raccogliere le firme a sostegno della proposta unitaria delle opposizioni per l’introduzione di un salario minimo legale. Si tratta di una misura necessaria, non rinviabile, che risponde all’esigenza di almeno tre milioni di persone nel nostro Paese e che consente di alzare un argine contro il lavoro povero e lo sfruttamento. Ci sono interi settori in cui i salari da fame sono, purtroppo, la norma. 

E questo avviene anche in una regione più benestante di altre come il Veneto. L’inserimento, in posizione subalterna, nelle catene globali del valore di non trascurabili segmenti produttivi dei nostri territori ha avuto negli anni l’effetto di schiacciare la competitività sul costo del lavoro, innescando una dinamica in cui a rimetterci sono sempre i lavoratori e le lavoratrici. Lo stesso vale per molti settori a basso valore aggiunto, come turismo, ristorazione, agricoltura e servizi. Con questa proposta, che peraltro è costruita per rafforzare la contrattazione collettiva, si dà un primo, significativo, segnale in controtendenza. 

Per questo come Sinistra Italiana ci siamo mobilitati per pianificare, anche in piena estate, momenti di raccolta firme, banchetti, occasioni di incontro. Per noi è una priorità, insieme a un lavoro di inchiesta sul territorio sulle condizioni di lavoro nella nostra regione che costruiremo in parallelo al nostro prossimo Congresso. 

Di seguito i prossimi banchetti programmati fino a metà Settembre (lista in aggiornamento):

COMUNEPROVDATAORARIOINDIRIZZO
VERONAVR05/09/2310.00-12.00Mercato di Borgo Venezia, postazione P178
ODERZOTV06/09/2310.00-12.00Mercato di Oderzo (Tv), Piazza Castello
PADOVAPD07/09/23Durante la festaGiardino Cavalleggeri, all’interno del Parco Prandina, in Corso Milano 113 (Festa di Coalizione Civica Padova)
DOLOVE08/09/239.00-13.00Piazza Mercato, Via Arino, Dolo (Ve)
PADOVAPD08/09/23Durante la festaGiardino Cavalleggeri, all’interno del Parco Prandina, in Corso Milano 113 (Festa di Coalizione Civica Padova)
ROVIGORO08/09/2317.00-19.00Piazza Matteotti, Rovigo
VERONAVR09/09/23pomeriggio (dalle ore 13:00)Piazza Bra (verso i giardini), postazione P10
PADOVAPD09/09/23Durante la festaGiardino Cavalleggeri, all’interno del Parco Prandina, in Corso Milano 113 (Festa di Coalizione Civica Padova)
VICENZAVI09/09/239.30-12.30Sede di Sinistra Italiana Vicenza, Contro S. Marco, 9 (Vicenza)
PADOVAPD10/09/23Durante la festaGiardino Cavalleggeri, all’interno del Parco Prandina, in Corso Milano 113 (Festa di Coalizione Civica Padova)
VERONAVR12/09/2310.00-12.00Mercato di Borgo Venezia, postazione P180
FELTREBL12/09/239.00-13.00Largo Castaldi, Feltre (Bl)
DOLOVE15/09/239.00-13.00Piazza Mercato, Via Arino, Dolo (Ve)
VERONAVR15/09/2310.00-12.00Mercato di Piazza Santa Toscana, postazione P23
ADRIARO16/09/2310.00-12.00Mercato di Adria (Ro), Corso Mazzini